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mercoledì 30 marzo 2011

Psicologo dello Sport anche sul Fatto Quotidiano!

Oggi è uscito un nuovo post sulla psicologia applicata all'attualità sportiva sul Fatto Quotidiano on-line. Il link qui sotto rimanda direttamente all'articolo!

martedì 29 marzo 2011

Pillole di... Psicologia dello Sport su Youtube!

On-line una nuova rubrica per gli sportivi e per gli addetti ai lavori (ma anche solo per appassionati)... ecco la prima puntata, a seguire, circa una volta alla settimana, verranno introdotte le altre che potrete trovare anche su Youtube!

domenica 27 marzo 2011

Migliorare il rendimento attraverso il Mental Training


Il Mental Training è un processo di allenamento delle abilità mentali dell’atleta al fine di potenziarne il rendimento sportivo. Si occupa quindi di quella parte dell’allenamento che concerne l’area psicologica ed emotiva dell’atleta. Obiettivo principale del Mental Training è allenare le componenti sia cognitive (pensieri, idee e credenze) sia quelle emotive (stati d’animo ed emozioni).
Il Mental Training ricorre ad alcune tecniche e strategie specifiche al fine di  allenare l’atleta ad essere più consapevole del proprio potenziale mentale e delle proprie risorse, aiutandolo nel miglioramento della prestazione agonistica. L’obiettivo finale è, come dicevamo, il miglioramento di particolari aspetti mentali che possono determinare un incremento delle prestazioni, sia durante la competizione, sia durante lo svolgimento di altre attività relazionate con la competizione (preparazione, allenamento, post gara).
Attraverso un programma di Mental Training, è possibile lavorare su diverse abilità, qui di seguito ne riportiamo alcune:
  • gestione dello stress
  • capacità di rilassamento
  • capacità di attenzione e concentrazione
  • controllo emotivo
  • definizione degli obiettivi

In definitiva, con l’utilizzo di specifici programmi di Mental Training l’atleta potrà imparare ad utilizzare strategie utili ad affrontare situazioni ricorrenti nella sua vita sportiva,  circostanze in cui una migliore preparazione mentale può fare la differenza in termini di rendimento o performance (pensiamo ad esempio a come affrontare gare o competizioni chiave o casi di infortunio).

giovedì 24 marzo 2011

Da qualche giorno anche sul sito dell'AIA - sezione di Carrara

Da qualche giorno è attiva sulla pagina dell'Associazione Italiana Arbitri - Sezione di Carrara una pagina dedicata alla Psicologia dello Sport. Si potranno trovare brevi articoli inerenti la psicologia applicata all'arbitraggio e non solo. L'aggiornamento sarà il più possibile puntuale e costante, quindi non mancate di fargli una visita ogni tanto!
Qui sotto il link diretto!
http://www.aiacarrara.it/Psicologia_dello_Sport.asp

lunedì 21 marzo 2011

La funzione educativa dell'arbitro nella Scuola Calcio


Quando parliamo di competizioni calcistiche con carattere educativo parliamo di un contesto in cui devono essere presenti degli assunti ben precisi:
  •  l'importante non è vincere, ma apprendere a giocare bene e divertirsi
  • l'avversario non è un nemico, ma un compagno senza cui giocare non sarebbe possibile
  • esistono una serie di regole che devono essere rispettate per garantire la convivenza
  • perdere una gara non significa essere “perdenti”, è solo l'altra faccia della vittoria
È necessario che anche l'arbitro che si avvicina a queste categorie sia a conoscenza e condivida questi principi. Inoltre deve essere consapevole che con la sua attuazione sta mostrando ed esercitando dei valori che permettono un migliore sviluppo personale, uno stile di vita sano ed un corretto apprendimento della disciplina sportiva. A questo fine è importante dunque creare un clima adeguato all'età nel campo da gioco e dirigere le situazioni che si sviluppano in maniera presente e partecipata.
Relativamente all’arbitro è bene sottolineare come nel terreno di gioco la sua attuazione creerà une percezione del suo ruolo nei giocatori che tenderà a mantenersi anche nel futuro. I giovani calciatori che competono per le prime volte si trovano immersi in una situazione completamente nuova, in cui l'arbitro viene percepito come un'autorità (positiva) che aiuterà a far sì che il gioco si sviluppi in maniera corretta. Solitamente in queste categorie i giocatori non criticano molto l'operato e le decisioni arbitrali, accettandole in maniera sufficientemente buona. Questo è un fattore di vantaggio per gli arbitri che si approcciano a queste categorie (spesso anch'essi per la prima volta, essendo arbitri giovani che iniziano la loro carriera proprio da qui). Infatti mano a mano che aumentano l'età e la capacità di gioco, così come la stessa categoria, la percezione dell'arbitro cambia e si verificano più proteste e meno fiducia nelle decisioni. Ciò accade principalmente per una serie di motivi:
  • pressione del pubblico e dei mezzi di comunicazione
  • pressione dell'allenatore
  • modello dello sport come professionistico
  • mancanza di conoscenza di alcuni aspetti del regolamento
  • idea erronea che l'arbitro “non si può sbagliare” e che se sbaglia “lo fa di proposito”
In conclusione il ruolo educativo che ricopre l'arbitro è indubbio. Prioritario è che gli stessi arbitri ne siano consapevoli in maniera da veicolare questa loro funzione in modo più chiaro, preciso ed esplicito alle società sportive con cui si relazionano. D'altra parte è altrettanto necessario che i componenti delle squadre delle categorie Scuola Calcio collaborino ed accettino questa figura al fine di trasmettere ai propri giocatori valori educativi adeguati all’età.

lunedì 14 marzo 2011

Psicologo dello Sport da oggi anche in Facebook!

Da oggi sarà possibile seguire questa rubrica sulla psicologia dello sport anche in Facebook! Inoltre saranno inserite eventuali news o eventi che possono interessare gli appassionati di questi temi! Diventate amici!
http://www.facebook.com/psicologodellosport

venerdì 4 marzo 2011

Mourinho contro tutti: la teoria dell'Identità Sociale

“Preferisco essere il sacco della boxe, colpito da tutti i codardi riuniti”. Queste sono le ultime dichiarazioni di Special One… non male, vero? Vi sarete sicuramente chiesti perché Mourinho ha come obiettivo principale quello di farsi odiare da tutti, no? (o perlomeno da tutti coloro che non tifano per la squadra che allena).
Bene, questo fenomeno può tranquillamente ascriversi alla teoria dell'Identità Sociale. Vediamo i meccanismi che la contraddistinguono:
nell’essere umano è spontanea la tendenza a costituire gruppi, a sentirsene parte ed a distinguere il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) da quelli di non-appartenenza (outgroup)
- l'individuo costruisce "categorie" funzionalmente discriminanti di appartenenza, basate su fattori di vario tipo (età, genere sessuale, posizione sociale o lavorativa, religione, appartenenza politica, tifo per una squadra di calcio, etc.)
- l'individuo confronta continuamente il proprio ingroup con l'outgroup di riferimento; il proprio gruppo viene implicitamente considerato "migliore" rispetto agli "altri", che vengono metodicamente svalutati o confrontati in chiave critica. Da questo processo può derivare che parte della propria autostima individuale sia dovuta alla percezione di "superiorità" del proprio ingroup rispetto agli outgroups di riferimento, e questo fenomeno può quindi portare alla continua ricerca di occasioni di "confronto sociale" (esempio, quando Mou si paragona agli altri allenatori con arroganza, senso di superiorità, etc.)
- le varie appartenenze ai diversi gruppi forniscono la base psicologica per la costruzione della propria identità sociale
Di fondo il risultato è che il suo gruppo si sente forte e coeso perché ha come obiettivo dimostrare agli altri di essere migliore.