Quando parliamo di competizioni calcistiche con carattere educativo parliamo di un contesto in cui devono essere presenti degli assunti ben precisi:
- l'importante non è vincere, ma apprendere a giocare bene e divertirsi
- l'avversario non è un nemico, ma un compagno senza cui giocare non sarebbe possibile
- esistono una serie di regole che devono essere rispettate per garantire la convivenza
- perdere una gara non significa essere “perdenti”, è solo l'altra faccia della vittoria
È necessario che anche l'arbitro che si avvicina a queste categorie sia a conoscenza e condivida questi principi. Inoltre deve essere consapevole che con la sua attuazione sta mostrando ed esercitando dei valori che permettono un migliore sviluppo personale, uno stile di vita sano ed un corretto apprendimento della disciplina sportiva. A questo fine è importante dunque creare un clima adeguato all'età nel campo da gioco e dirigere le situazioni che si sviluppano in maniera presente e partecipata.
Relativamente all’arbitro è bene sottolineare come nel terreno di gioco la sua attuazione creerà une percezione del suo ruolo nei giocatori che tenderà a mantenersi anche nel futuro. I giovani calciatori che competono per le prime volte si trovano immersi in una situazione completamente nuova, in cui l'arbitro viene percepito come un'autorità (positiva) che aiuterà a far sì che il gioco si sviluppi in maniera corretta. Solitamente in queste categorie i giocatori non criticano molto l'operato e le decisioni arbitrali, accettandole in maniera sufficientemente buona. Questo è un fattore di vantaggio per gli arbitri che si approcciano a queste categorie (spesso anch'essi per la prima volta, essendo arbitri giovani che iniziano la loro carriera proprio da qui). Infatti mano a mano che aumentano l'età e la capacità di gioco, così come la stessa categoria, la percezione dell'arbitro cambia e si verificano più proteste e meno fiducia nelle decisioni. Ciò accade principalmente per una serie di motivi:
- pressione del pubblico e dei mezzi di comunicazione
- pressione dell'allenatore
- modello dello sport come professionistico
- mancanza di conoscenza di alcuni aspetti del regolamento
- idea erronea che l'arbitro “non si può sbagliare” e che se sbaglia “lo fa di proposito”
In conclusione il ruolo educativo che ricopre l'arbitro è indubbio. Prioritario è che gli stessi arbitri ne siano consapevoli in maniera da veicolare questa loro funzione in modo più chiaro, preciso ed esplicito alle società sportive con cui si relazionano. D'altra parte è altrettanto necessario che i componenti delle squadre delle categorie Scuola Calcio collaborino ed accettino questa figura al fine di trasmettere ai propri giocatori valori educativi adeguati all’età.
Se i piccoli atleti conoscessero gli arbitri anche al di fuori dell'ambito della gara questi ultimi perderebbero la loro autorità o potrebbe servire a capire che come persone possono commettere errori senza volontà di dolo?
RispondiEliminaBella domanda... che io sappia non ci sono molte esperienze che vanno in questa direzione. Però come professionista ritengo che potrebbe essere un rischio da correre far "avvicinare" l'arbitro ai giovani calciatori. Gli eventuali esiti positivi (conoscenza reciproca, comprensione del ruolo e della possibilità di esistenza dell'errore etc.) credo che compenserebbero ampiamente altri aspetti negativi (come quelli di cui parli tu rispetto alla perdita di autorità).
RispondiEliminaGrazie!